Una gelida e piovosa mattina d'inverno, quando ero ancora piccino e conoscevo solo il marciapiede intorno alla mia casetta, ho visto un peloso e il suo padrone con l'ombrello che varcavano un cancelletto delle Mura Gianicolensi. Io e Cristina li abbiamo seguiti e abbiamo scoperto un mondo fantastico, proprio nella nostra città: la Villa Sciarra.
Villa Sciarra: in terra romana si incontrano il gusto anglosassone, le arenarie lombarde e gli studi germanici.
Un amico mi ha raccontato la curiosa storia di Villa Sciarra, ovvero un giardino in stile italiano pensato
e realizzato da due americani - gli ultimi proprietari, il diplomatico George Washington
Wurst e sua moglie Henriette Tower che, alla morte del marito, nel 1930, ne
fece dono allo stato italiano - con statue provenienti da una dimora lombarda, così
come ha scoperto Amalia Pacia, la villa Visconti di Brignano, facente parte del
patrimonio in rovina dellʼultima discendente della famiglia, la marchesa Antonietta
Visconti Ajimi, morta nel 1892.
A loro volta i due americani lʼavevano acquistata nel 1902
dalla Società di Credito e Industria Fondiaria Edilizia, venutane in possesso dal
1896 in seguito ad alcune sfortunate speculazioni finanziarie dellʼultimo
proprietario, il "povero" Maffeo II Sciarra. Povero perché costrtto a disfarsi di tanta bellezza. Questʼultimo lʼaveva ricevuta in eredità dal
padre Maffeo (1771-1849), nipote di Cornelia Costanza Barberini e Giulio Cesare Colonna di Sciarra, che, morendo, avevano lasciato in eredità ai loro due figli, Urbano e
Carlo Maria, i beni e il nome lʼuno della famiglia Barberini, e lʼaltro dei
Colonna di Sciarra.
Lʼintero terreno - molto più vasto di quello odierno - era appartenuto
infatti principalmente, tra alterne vicende, proprio ai Barberini (con un
intervallo dal 1710 al 1746): il cardinale Antonio Barberini lo aveva
acquistato nel 1653, proprio perché si trovava allʼinterno delle Mura Gianicolensi, volute dal suo congiunto, papa Urbano VIII Barberini. Stesse mura
e stessa villa dove nel 1849 le truppe italiane, con a capo Giuseppe Garibaldi
e Giuseppe Avezzana, allʼepoca della Repubblica Romana, combatterono allʼarma
bianca contro quelle francesi, alleate del papa, allʼepoca Pio IX. Un papa fa, l'altro disfa.
Poche costruzioni sono state edificate su questo terreno,
per lungo tempo destinato ad orti e giardini come era tradizione, in quel luogo,
fin dallʼepoca romana: l'ormai defunto "casino" Malvasia - un edificio a due piani
con una loggia, realizzato nel 1575 dal primo proprietario, il cardinale
Innocenzo Malvasia (1553-1612), che fu quasi distrutto nel 1849 e che si trova,
ora, su terreno di proprietà dellʼAccademia Americana -, il bruttissimo villino detto "il Castelletto", realizzato
nel 1908-10, che è in fase di ristrutturazione biblica, ovvero dallʼinizio
degli anni ʼ90, per diventare un ipotetico "Museo della
Matematica" - spero che la laurea del mio padroncino nella stessa disciplina non segua l'esempio del curioso "castelletto" - e, dulcis in fundo, il delizioso "casino" Barberini, sopravvissuto al 1849 e attualmente sede dell' Istituto Italiano di Studi Germanici. Quest'ultimo, leggo nel sito ufficiale, "istituito nel
1931 con veste giuridica d’istituzione culturale, fu inaugurato il 3
aprile 1932, in occasione delle celebrazioni per il centenario della
morte di J. W. Goethe e parallelamente alla creazione del Petrarca Haus
di Colonia, da Giovanni Gentile, Ministro della Pubblica Istruzione,
alla presenza di Mussolini. La vedova del diplomatico americano aveva posto come condizione che "l’edificio ospitasse un centro culturale inteso a
promuovere più stretti legami di conoscenza e di amicizia tra l’Italia e
la Germania e che la villa fosse aperta al pubblico".
Alla mia domanda, sul perché nel 1932 una ricca vedova americana abbia ritenuto necessario donare una villa a Mussolini affinché lo Stato Italiano promuovesse più stretti legami con la Germania non ho ancora trovato risposta.
Mi domando, ma come mai nel 1932 proprio una ricca vedova americana donava una villa a Mussolini affinché lo Stato Italiano promuovesse più stretti legami di conoscenza e amicizia con la Germania?
Alla mia domanda, sul perché nel 1932 una ricca vedova americana abbia ritenuto necessario donare una villa a Mussolini affinché lo Stato Italiano promuovesse più stretti legami con la Germania non ho ancora trovato risposta.
Mi domando, ma come mai nel 1932 proprio una ricca vedova americana donava una villa a Mussolini affinché lo Stato Italiano promuovesse più stretti legami di conoscenza e amicizia con la Germania?
Per i curiosi :
Cfr. Amalia Pacia e
Renata Piccinini, Villa Sciarra,
Interpretazione Romana di una Villa Lombarda, Fratelli Palombi Editori, Roma
1992, un interessante e dottissimo libricino prodotto dal Centro di
Coordinamento Didattico dellʼAssessorato alla cultura del Comune di Roma.
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