lunedì 2 settembre 2013

Petote che amava gli umani

Petote e il piede di Giosetta Fioroni 
Io ho una padrona, anche gli umani hanno i loro padroni. In una torrida estate del 1964 lo scrittore Goffredo Parise scriveva  un romanzo che si ispirava al suo "padrone", l'editore Livio Garzanti, e lo intitolava Il Padrone. Parise era il padrone, insieme con la sua fidanzata, l'artista Giosetta Fioroni, di un cane che si chiamava Petote, a cui ha dedicato, il 23 aprile del 1986, una poesia che qui trascrivo:

Come me anche tu
cerchi  compagnia
ma non tra i canini.
Diffidi dei proverbi
e a Darwin credi
quanto basta per esistere
Goffredo Parise, 23 aprile 1986

Scriveva Parise a proposito di Petote: «Il conoscere questo animale mi ha profondamente turbato perché ho dedotto la convinzione che tutti gli animali e non solo il mio cane abbiano un’anima. La presenza del mio cane è parlante; si avverte un’anima anche se non ha la parola per esprimerla».
Come Petote, anche io preferisco gli umani ai canini, e anche io non ho la parola, ma solo la voce.


giovedì 3 gennaio 2013

Io e Lei




 In un giorno di solo cocente mi trovavo da solo in mezzo alla natura, e cercavo disperato una fontanella, ferendomi le zampette sulle pietre aguzze e strappandomi la bianca pelliccia nei rovi. Nessun  negozio intorno, né un cinema, né un teatro, né un tram o un taxi a pagarlo oro. In quella campagna desolata incontravo solo strani tipi che ho visto disegnati sulle buste dei miei croccantini: conigli, agnelli e polli, senza riso né crusca né verdure liofilizzate nelle vicinanze, che si rincorrevano liberi, come facciamo io la Lilli al parco.

 All’improvviso, ho urtato un enorme peloso senza guinzaglio che, ringhiando feroce, mi si è avventato contro,  e per sfuggirgli sono scivolato in un crepaccio: gridavo aiuto, ma non riuscivo ad abbaiare e precipitavo, muto e disperato, sempre più giù.

Finalmente ho aperto gli occhi, e una gioia infinita ha invaso il mio cuore: ero disteso nella mia cuccia morbida, tra le confortevoli mura della mia casetta, mentre il computer di Lei ringhiava inceppato. Fuori dalla finestra, tutto era rosso tramonto, le macchine e i bus brontolavano allegri e già si accendevano le prime le luci delle strade, dei negozi e dei monumenti della mia splendida città, che tutti chiamano l’Eterna. Eppure mi hanno detto che una volta, al posto della mia casa, tutto qui intorno era campagna, e al solo pensiero mi vengono ancora i brividi.